
C’è un’ idea
Sono le 5 di mattina, l’8 febbraio, Ngaoundaye. Mi sono alzato presto e sono andato alla nostra missione nel centro della città. Da qualche giorno non dormiamo più lì per ragioni di sicurezza.
Dopo alcune ore mi è venuta in mente un’ idea di andare a Nzakoun, un piccolo paesino distante da noi 14 chilometri. Mi avvicino al mio parroco (un uomo centrafricano) gli domando che ne pensa lui – è d’accordo e per di più si offre di andarci con me.
Ci facciamo prestare una motocicletta (la riempiamo della nostra benzina) e partiamo – sono le 8.30 di mattina. Lungo la strada vediamo un ponte distrutto e il gruppo di Anti-Balaka che si sta avvicinando verso di noi. La gente che incontriamo per strada vedendo la nostra moto subito scappa nella macchia – invece siamo solo noi – due religiosi vestiti di tonache. Immaginatevi quanto panico. Basta il rumore della moto o della macchina per far scappare la gente.
Dopo circa 40 minuti ci avviciniamo a Nzakoun. La gente – all’inizio un pò diffidente – ci ha riconosciuti. Allora cominciamo:
Tutto è durato solo un ora
Il 3 febbraio nelle ore notturne (verso la mezzanotte) a Nzakoun sono arrivate 16 macchine e 15 motociclette riempite del gruppo Seleka, tutti armati. Entrando nella città cominciano a sparare in aria. Era la notte, la gente dormiva nelle proprie case. Chi sente spari, scappa nella macchia. Scoppia il panico. Chi non ha fatto in tempo a fuggire – rimane ucciso senza pietà. I Seleka entravano in tutte le case e sparavano a chiunque ammazzando a sangue freddo, senza una ragione, semplicemente – sparavano.
Il 4 febbraio 2014, tra le ore 01:00-02:00 il gruppo Seleka ha ucciso bestialmente 22 persone tra cui 8 uomini e 14 donne (tra loro 5 ragazzi, 4 ragazze). Oggi ho visitato tre case degli ammazzati: nella prima sono state uccise 3 persone, nella seconda – 5 e nell’altra: 6. Ci entro dentro e che cosa vedo? I bossoli per terra (ne ho trovati 8). I proiettili sono rimasti nei corpi degli uccisi, i bossoli si sono conservati forse per essere raccolti da me perché io possa farli vedere al mondo. Forse nonostante essere muti saranno in grado di “parlare” in questo modo. Nelle case si sente ancora l’odore di sangue di cui macchie si vedono per terra, sulle pietre e sui muri. Vestiti sparpagliati e tantissime mosche – si sa per quale motivo si trovano qui. È scomparsa pure una persona anziana, fin adesso nessuno l’ha trovata. Probabilmente è scappata via non si sa dove e morendo è rimasta lì per sempre.
Ho chiesto se nessuno fosse violentato. Come mai vengono ammazzate soprattutto le donne? Nessuno è stato violentato. Si uccideva e basta. Forse le donne corrono meno velocemente degli uomini, alcune di loro soro rimaste a casa per paura, le altre – sono rimaste pregando perché i Seleka non venissero da loro. Purtroppo sono arrivati.
Questo orrore è durato tutta la notte. La gente raccontava che i spari si sono sentiti per tutta la notte. Noi siamo scappati via nella macchia. Tra le vittime c’è pure il preside della scuola che ha sacrificato la vita perché gli altri potessero fuggire. Lui è rimasto sul posto ed è stato ucciso. I corpi degli ammazzati sono rimasti lì fino a mercoledì – il giorno in cui i Seleka se ne sono andati. La gente veniva e…non ci poteva credere in quello che ha visto.
25 case bruciate
Andiamo avanti – le nostre guide ci fanno vedere le case bruciate. Ne sono 25, completamente bruciate. In queste case la gente aveva nascosto tutti i beni: motociclette, bici, soldi e altre cose di qualsiasi valore. Si sono salvate alcune motociclette, bici, qualche pentola e alcuni letti. 14 moto e 5 bici sono finite nel fuoco. Abbiamo visto anche il posto dove i Seleka hanno bruciato documenti, diplomi, certificati di battesimo, lettere. Tutto ciò che potrebbe identificare le vittime.
Pentole indicanti il numero degli ammazzati
I corpi degli uccisi dai Seleka sono stati coperti di terra nei diversi posti del villaggio. Abbiamo visto 2 tombe: una con 4 persone sepolte, e un’altra dove giace il corpo del preside – si trova nelle vicinanze della scuola dove lavorava. Sulle tombe qualcuno ha messo le pentole – ogni pentola indica un corpo dentro la tomba. Passando accanto alle tombe si sentiva la puzza della decomposizione dei corpi.
Il gruppo Seleka si è fermato nel villaggio fino a mercoledì 5 febbraio. Nel frattempo il villaggio che normalmente conta circa 3500 abitanti si era spopolato. Tutti erano scappati nella foresta per salvare la vita. I Seleka: saccheggiavano, bruciavano le case, ci entravano dentro per portarsi via tutto quello che è rimasto: le capre, galline, i vestiti, le scarpe…letteralmente: tutto.
Perché non vi siete messi in contatto con noi?
Ho fatto questa domanda durante il nostro incontro poco dopo l’ispezione del villaggio. Mi hanno risposto: “Si erano portati via tutto, le batterie dei nostri telefonini non sono buone, c’era tanto panico e paura ma soprattutto non c’era nessuno chi avrebbe potuto difenderci”. Ecco la risposta per chi ha dei dubbi sulla nostra presenza qui, sul posto.
La lettera dei Seleka, il 4 febbraio
Il martedì uno dei generali della scorta armata dei Seleka ha mandato la lettera (sono in possesso delle foto di quelle lettere) alle guardie della nostra città in cui ha scritto che mercoledì sarebbero passati per la città dirigendosi verso il Ciad. L’ha scritta assicurando che il loro passaggio sarebbe stato tranquillo, senza sparatorie. Poi però questo passaggio ci ha costato 6 case bruciate a Ngaoundaye.
Di che cosa avete bisogno in questo momento?
Non abbiamo più farmaci, la nostra farmacia è stata bruciata con tutte le cose dentro. Le nostre donne partoriscono ai campi – anche questo è pericoloso. Le nostre case sono state bruciate, le vogliamo ricostruire prima che arrivi il periodo di pioggia (a maggio). Ci hanno rubato i nostri vestiti e tanti di noi hanno perso i nostri mezzi di trasporto: le motociclette, bici. Ci hanno rubato l’aggregato corrente e il balafon dalla nostra chiesa. Abbiamo bisogno del cibo – ci hanno rubato la nostra raccolta.
3 comunità insieme
Nel nostro villaggio abbiamo 3 comunità che dialogano tra di loro: Chiesa Cattolica, Chiesa dei Frati e Comunità di Dio. Non abbiamo mai litigato, viviamo come fratelli e sorelle.
Volete aggiungere qualcosa?
Dopo qualche minuto uno degli abitanti risponde: “Vi ringraziamo per il vostro arrivo – non è venuto nessuno a trovarci, nessuno ci ha chiesti come ci sentiamo, non abbiamo garanzie, assicurazioni – questo è un gesto importantissimo per noi. Vi ringraziamo tanto.”
Quindi gli dico: “Se non c’è un esercito, non c’è nessuno a difenderci allora dobbiamo organizzarci da soli, fare qualcosa per evitare che la gente innocente perda la vita. Ricordatevi di informarci di ciò che succede nel vostro villaggio. Se non avete i telefoni, le motociclette, mandate qualcuno a piedi perché ci informi del pericolo.
Non siate seduti davanti alle vostre case, datevi da fare, le case devono essere ricostruite, non dimenticate del vostro piccolo centro medico e delle famiglie. Dobbiamo stare insieme in questo periodo della tristezza e sofferenza. La vita va avanti – c’è bisogno di lavorare. Rimanete con Dio – mandiamo l’appello al mondo perché vi possa aiutare. Prima con le medicine poi con tutto il resto.
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